Alchimia ed enteogeni.
Il lavoro sull'anima negli antichi culti iniziatici con i miceti

Luca Norfo

Nei racconti di chi ha vissuto le esperienze di inebriazione procurate dai funghi allucinogeni è una regola imbattersi nella descrizione di un luogo silenzioso e solitario, dal quale parte il viaggio verso il paradiso. Questa condizione iniziale è spesso codificata nelle visioni di labirinti, gallerie, tunnel che sprofondano nella Terra. Altrettanto frequenti sono i temi a forte contenuto simbolico, come la caverna che parte dalla sommità di una montagna per giungere prima al centro della Terra e salire poi fino al cielo. Attraverso questi percorsi disorientanti l'individuo è immerso nella Terra per assistere all'agonia del vecchio uomo. Secondo Jakob Böhme lo stato che accompagna questi momenti è paragonabile all'angoscia e rappresenta la via mercuriale alla conoscenza.

Gli indigeni compivano preparazioni accurate comprendenti sacrifici, penitenze, autopunizioni prima di giungere ad assumere i funghi sacri ed ancora oggi coloro che si avvicinano a queste esperienze seguono preparazioni attente e percorsi tortuosi. Bisogna essere andati incontro alle tenebre, per esempio salendo in una notte nera, sotto il temporale e la pioggia torrenziale, in cima al loma di Chaultepec ... e là, disteso sul suolo della sua umile capanna, aver ricevuto dalle sue mani diverse coppie di nti ki so per comprendere come si può discendere all'interno di se stessi, staccarsi dall'esistenza, estrarre ... come per magia la propria forza vitale dalle sollecitazioni mentali e corporali e ritrovarsi, con lo spirito lucido, nel mezzo di un'oscurità solcata da lampi, da quei lampi che sono come il sigillo della Nigredo. L'estrazione da se stesso, l'autodispiegamento, il rivoltare fuori la potenza interna sono i metodi utilizzati dallo sciamano per giungere alla conoscenza. Tali azioni simboliche lo accomunano a quelle compiute dall'alchimista che nel suo laboratorio e su se stesso riproduce le stesse condizioni di precarietà. L'immagine del gallo che nei racconti delle tribù rappresenta una prima sostanziale riuscita della pratica, testimonia secondo Folange la dissoluzione dell'elemento acquoso nella Terra con il suo esalare e diventare pura sostanza aerea. Così è anche per le esperienze di "sprofondamento" e quelle caratterizzate dalla permanenza nella profondità degli oceani o in ambienti sotterranei e umidi. Si realizza in questo modo la separazione necessaria affinché la personalità acquisti lo stato di incorporeità, è l'Albedo, ed è anche l'istante in cui, rizzando le sue piume multicolori, il gallo si erge e lacera con il suo grido il primo mattino della resurrezione.

Avviene in questo modo il trionfo vitale sulla morte tramite la sublimazione della materia che subisce l'elevazione di stato. Artephius nota che ciò che è chiaro, puro e spirituale si eleva nell'aria, Mercurio, precisa Ostan, si slancia verso l'emisfero superiore. Alla visione maestosa iniziale, si sostituisce quella del Sole, che simboleggia la stabilità e la misura, con valenza fissativa per il Mercurio. È grazie alla luminosità solare che nell'anima ricondotta alla sua purezza originale si afferma il principio della personalità e l'ascesa dello spirito è paragonato al percorso solare o al carro del dio del sole, tirato da focosi destrieri (il Mercurio androgino allo stato "Selvaggio"), che dà la scalata alle dimore celesti. L'itinerario di una siffatta esperienza è simile a quello compiuto dal discepolo di Ermes, il desiderio del soggetto è di ascendere e di trovarsi alla presenza degli dei anche se il metodo ermetico tende ad oltrepassare questa condizione per ritornare ad uno stato primordiale e puro di esistenza che costituisce la vera Pietra bramata. Nello stato ricercato le caratteristiche della condizione umana sono sospese e si acquisiranno quelle degli dei. Gli antichi sacerdoti Messicani tendevano a ricreare la condizione primordiale dell'anima umana, così come oggi fanno gli sciamani ricreando temporaneamente questo stato grazie all'uso dei funghi sacri. La condizione necessaria al tipo di miglioramento ricercato è sempre indefinita, calata in uno stato di estrema mutevolezza dove la precarietà della vita costituisce la norma. Molti imperatori hanno trovato la morte nel tentativo di guadagnare la vita eterna grazie a pozioni di veleni o metalli preziosi preparate dai loro preti taoisti. Lo stesso approccio alchemico è stato adottato da coloro che nella Grecia antica hanno concesso il miglioramento a cospicui gruppi di individui, discepoli e non solo al singolo.

I Misteri Eleusini ruotavano attorno ad un elemento centrale, un segreto di natura misticoreligiosa, esso non è stato mai svelato, per lo meno a chi non ha partecipato direttamente al culto, infatti chi ne ha scritto ha sempre subito il timore riverenziale del tabù religioso che proteggeva tale elemento. I segreti sono parte integrante della tradizione alchemica che era scienza esoterica così come le conoscenze destinate a chi si recava ad Eleusi. Si sa che migliaia di persone si avvicinavano al rito per essere iniziate ai Misteri e si intuisce che la portata del fenomeno ha influenzato non solo la cultura sociale Greca ma anche il pensiero. Le condizioni psico-fisiche dell'iniziato appaiono essere le stesse descritte nelle esperienze con altre sostanze enteogene. Come testimoniato da pochi testi Greci e da un affresco Pompeiano, il rituale prevedeva che l'iniziato bevesse una pozione dopodiché attendesse nella concentrazione l'arrivo delle visioni che giungevano la notte. La potenza di tale esperienza sottoponeva l'individuo, utilizzando le parole di Walter F. Otto, a qualcosa di nuovo, stupefacente, inaccessibile alla comprensione razionale, che gli faceva fermamente credere di non poter più tornare ad essere la persona che era stata prima di allora. L'individuo subiva quindi il passaggio permanente ad uno stato di coscienza superiore, realizzava quel rivoltamento necessario per liberare la propria essenza all'esterno. Esistono diverse testimonianze sui riti eleusini ma poche si spingono più in la di qualche accenno sulla vera natura ed origine del Mistero in essi celebrati e sulle caratteristiche delle visioni che gli iniziati avevano. Aristide, nel II secolo d.C., ci tramanda uno scorcio più chiaro che fa intuire la complessità del culto:

Eleusi è un tempio comune a tutta la terra e a tutte le cose divine che esistono tra gli uomini, è sia terrore che Luminosità. In quale luogo del mondo si sono contati più miracoli, dove vi sono i dromena che sono detti essere la più grande emozione, dove c'è la più grande convergenza fra il vedere e l'udire?

La descrizione viene successivamente continuata spostandosi sul privilegio che occorre a migliaia di uomini e donne che sperimentano l'ineffabile visione, privilegio necessario pure al discepolo del maestro alchimista o all'iniziato nei culti messicani dei funghi. La reticenza che accompagna ogni descrizione dell'antico culto Greco è la stessa che si ritrova per negli altri rituali iniziatici, nei culti dei funghi e in ogni pratica alchemica. Le tradizioni legate agli enteogeni presenti nei diversi continenti, seguono quindi le medesime linee d'ombra che ne hanno preservato i segreti per secoli e che le uniscono inequivocabilmente negli scopi e nelle forme a tutte le discipline che si sono poste come scopo il miglioramento del se attraverso la manipolazione anche estrema dei componenti costitutivi della natura e dell'uomo.


 

Bibliografia