L'inquisizione e le streghe

Le magie dell'inquisitore

Ottavio Olivieri - Giuresperito, Saggista

Alla fine del XV secolo si assiste ad un brusco inasprimento della famigerata "caccia alle streghe". Alle caute norme del Canon Episcopi - che considerava eretico affermare la reale esistenza della stregoneria si sostituisce il terribile Malleus Maleficarum che tacciava di favoreggiamento la stessa incredulità. Di fronte all'eccezionale "congiura diabolica" tutto è permesso all'inquisitore, dall'inganno alla tortura, con inaudito margine di discrezionalità. E il risultato finale, naturalmente, è sin dall'inizio pressoché scontato.

Prigionieri dell'Inquisizione spagnola.

Nei processi per stregoneria un dato di fatto comune è costituito dalla posizione dell'imputato nei confronti del giudice. La disparità delle parti appare immediatamente evidente: all'immenso potere discrezionale dell'inquisitore si contrappone un accusato che deve provare la propria innocenza con pochissimi e limitati mezzi. È stato rilevato come l'uso della tortura fosse spesso determinante in questo tipo di processi, più correttamente si potrebbe indicare l'intera struttura procedurale come elemento decisivo nelle sentenze di condanna. In altre parole l'intero processo è una macchina quasi infallibile per colpire nemici veri o presunti; la discrezionalità del metodo Jnquisitorio è tale da rendere prevedibile sin dall'inizio il risultato finale.
 

Inquisitores Haereticae Pravitatis

Nella prassi giuridica della cristianità, a partire dalla fine del quindicesimo secolo e per almeno due secoli, il modello tipico del processo per stregoneria è quello fornito dal Malleus Maleficarum dei domenicani tedeschi Kramer e Sprenger. Il trattato, pubblicato nell'inverno 1486/7, riscosse immediatamente un grandissimo successo, numerose furono le ristampe in ogni parte d'Europa. Dal momento che il Malleus fu considerato vera e propria opera legislativa in materia di stregoneria, anche i dettami pratici in esso contenuti furono puntualmente osservati nella pratica processuale del tempo.

Il corpo di una presunta strega viene punto per scoprire il marchio del diavolo. Illustrazione del 1800.

Il trattato recepisce, esasperandole, le regole processuali preesistenti; le norme già delineate da Bernard Gui nella Pratica inquisitionis baereticae pravitatis e da Nicola Eymerich nel Directorium inquisitionis appaiono, nel confronto, quasi garantiste nei confronti degli imputati.

Secondo Kramer e Sprenger il giudice non doveva conoscere ostacoli: per combattere l'immensa congiura ordita dal Diavolo e dalle streghe sue complici, nessun intralcio procedurale doveva essere tollerato.

L'esperienza personale degli autori, inquisitores haereticae pravitatis per l'intera Germania già da diverso tempo, consigliava di non tralasciare alcun espediente utile a sterminare le streghe. Esse erano capaci di ogni sortilegio tale da confondere il giudice ed alterarne l'operato; alla massima diffidenza doveva perciò accompagnarsi la concreta determinazione nell'agire.

A tal fine non erano sufficienti i mezzi forniti dal diritto canonico vigente al tempo: la stregoneria presentava caratteristiche eccezionali che dovevano essere affrontate con leggi eccezionali. La stessa incredulità sull'esistenza delle streghe poteva, secondo il Malleus, essere assimilata al favoreggiamento se non alla complicità e, come tale, doveva essere severamente punita. Si tratta di un completo rovesciamento della concezione espressa dal Canon Episcopi, per cui era eretico affermare la reale esistenza della stregoneria.

Infatti le disposizioni sui malefizi; riportate dai Libri sinodali di Reginone di Prum (X secolo), nel Corrector di Burcardo di Worms (XI sec., note col nome successivo di Canon Episcopi dal titolo della raccolta generale di leggi e disposizioni ecclesiastiche dove furono inserite nel XIII secolo) consideravano le pratiche magiche frutto di illusione ed inganno, alla stregua di mere superstizioni e non certo di crimini efferati. La repressione di tali comportamenti rientrava perciò più nelle competenze del confessore che in quelle del giudice penale. Perseguire la stregoneria e condannarne gli adepti presentava quindi delle difficoltà di ordine pratico: il Canon episcopi, attribuito per lungo tempo al Concilio di Ancyra del 1314, era circondato dal prestigio e dall'autorità dovuta ad un'antica costituzione della Chiesa. Nonostante i numerosi trattati scritti da importanti teologi sulla reale esistenza della stregoneria, la pratica persecuzione di essa presentava alla fine del quindicesimo secolo alcuni limiti ben definiti dal punto di vista giuridico. Tali ostacoli divenivano di fatto invalicabili quando il giudice si fosse scontrato con la

... potenza delle persone che è triplice ossia potenza della stirpe e della, famiglia, potenza del denaro e potenza della malvagità, che è da temere più delle altre due...

Vale la pena di ricordare quale fosse in merito l'esperienza delle personale di Heinrich lnstitor (Kramer), uno dei due autori del Malleus Maleficarum.
 

Il processo di Innsbruck

Forte della legittimazione concessa dalla bolla pontificia Summis desiderantes affectibus emanata dal pontefice Innocenzo VIII il 5 Dicembre 1484, Institor aveva indagato su misteriosi fatti di stregoneria denunciati nella diocesi di Bressanone. Il processo, iniziato nel Luglio 1485 nella città di Innsbruck coinvolse un numero sempre crescente di imputati, fino a comprendere alcuni nobili protetti da Cateriona di Sassonia moglie dell'arciduca Sigismondo d'Austria.Probabilmente per l'arbitrarietà dei metodi usati dall'inquisitore, sicuramente per il fatto che persone potenti erano direttamente o indirettamente imputate, il procedimento sfuggì ben presto di mano all'inquisitore. Il vescovo di Bressanone Georg Golser, che riteneva Institor un vecchio visionario nel febbraio 1486 decise di evitare guai maggiori allontanandolo dalla sua diocesi. Commentando queste vicende, Joseph Hansen definisce il processo di Innsbruck "Klagliches Fiasco", un clamoroso personale insuccesso determinato da errori di valutazione dei fatti e delle persone.

Liberazione di una strega, dipinto di J.E. Millais, XIX sec.
 

Infallibili metodi di sterminio

L'esperienza è una severa maestra, non a caso il Malleus Maleficarum fu scritto proprio nel periodo di forzata inattività professionale seguito all'episodio di Bressanone. Non deve stupire che il trattato sia opera dichiaratamente di parte, si tratta del personale punto di vista di un inquisitore, già frustrato nelle sue ambizioni e pertanto deciso a non sottilizzare in merito ai mezzi utili allo sterminio delle streghe. Partendo da questa considerazione tento principale è quello di fornire a chi inquisisce metodi infallibili per sentenziare la consapevolezza dell'imputato di stregoneria.

Per un'insolita serie di circostanze il Malleus Maleficarum fu considerato norma imperativa emessa dal pontefice e come tale valida per l'intera cristianità.

Se ricordiamo come le disposizioni in esso contenute fossero puntualmente osservate nella procedura penale del tempo, non deve stupire la relativa omogeneità delle norme relative all'interrogatorio in siffatti procedimenti. Poiché nei processi alle streghe era difficoltosa una produzione probatoria reale, cresceva l'importanza da attribuirsi alle testimonianze ed alla confessione dei colpevoli.

Per raggiungere tali finalità l'inquisitore non aveva, di fatto, che l'imbarazzo della scelta, senza troppe preoccupazioni sulla liceità dei metodi usati. Nel sistema elaborato da Kramer e Sprenger ciò che il giudice deve con ogni mezzo evitare è la reticenza della presunta strega; i tormenti fisici sono solo alcuni dei mezzi consentiti e non sicuramente i più efficaci.

Laddove non vi siano confessioni più o meno spontanee non vi può essere condanna, il procedimento si trascina nel tempo tanto da determinare l'ironia degli scettici e l'intervento dei potenti. L'inquisitore perde di credito mentre il Nemico ha la possibilità di aumentare i propri adepti; in questo tipo di processo bisogna agire con la massima celerità, il giudice non deve conoscere esitazioni. Come il principe di Machiavelli chi interroga una strega deve essere volpe e lione; promettere e blandire, minacciare e far uso di violenza ove le circostanze lo richiedano. I buoni sentimenti possono riuscire meglio della violenza; come preliminare all'interrogatorio è pertanto utile esortate gli amici dell'imputato (con inconsueto buon gusto gli autori non indicano i possibili mezzi di persuasione) affinché lo convincano a confessare i propri crimini, perché così avrà salva la vita. Qualora l'imputato non abbia amici o questi non siano reperibili, cosa senz'altro frequente data la nozione omnicomprensiva di complicità adottata dal Malleus Maleficarum, l'inquisitore può agire mediante molteplici strumenti di coartazione. Se, a detta di Kramer e Sprenger, l'interrogatorio di una strega

...presuppone una fatica altrettanto grande se non maggiore di quella che presuppone esorcizzare un indemoniato...,

i metodi consentiti all'inquisitore sono tali da garantire un numero di successi senz'altro maggiore. Prima di tutto bisogna fiaccare la volontà della vittima, poiché tale, a questo punto del processo, è la condizione dell'imputato. L 'esperienza dimostra a tal fine può essere sufficiente il carcere e le miserie che ne conseguono; soprattutto le giovani streghe sono indotte a confessare anche solo dopo un breve periodo di prigione.
 

La caccia ai talismani

Purtroppo non sempre è così facile, in tal caso deve cominciare la serie degli interrogatori e non debbono essere trascurate le cautele determinate dalla potenziale condizione dell'imputato, per definizione alleato e protetto del Maligno. Giunta al cospetto dell'inquisitore la presunta strega deve essere completamente spogliata, perché spesso oggetti di stregoneria sono nascosti dentro i vestiti. Inoltre è utile accorgimento la rasatura di ogni parte del corpo dell'imputato poiché talismani capaci di determinare la stregoneria del silenzio possono essere celati in ogni parte del corpo. A favore di questa pratica depone l'autorità dell'inquisitore di Como, il quale, usando siffatti mezzi, era riuscito a far bruciare quarantuno streghe, tutte col corpo interamente raso. Ciò era avvenuto nell'anno 1485, proprio nello stesso periodo nel quale Heinrich Kramer non era riuscito a far accendere roghi di streghe nella diocesi di Brixen. È comprensibile che l'insuccesso dell'autore del Malleus nella vicenda specifica lo abbia indotto a riflettere sui propri errori, non ultimi quelli di natura pratica e procedurale. Purtroppo nelle regioni tedesche la pratica della rasatura dei peli era considerata molto disonorevole,

...Per cui neanche noi inquisitori l'abbiamo usata; abbiamo invece fatto radere i capelli e, versando in un calice o in una tazza d'acqua santa una goccia di cera benedetta e invocando la santissima Trinità l'abbiamo data da bere tre volte a digiuno e così per grazia di Dio eliminato dai più la stregoneria del silenzio...

Kramer e Sprenger non hanno dubbi: il silenzio è comunque determinato da artifizi diabolici, non è neppure ipotizzabile che ciò consegua ad una sorta di eroismo o addirittura dall'innocenza dell'imputato. Il Diavolo difende gli adepti finche gli aggrada, per poi ab bandonarli quando ciò risponda ai suoi imperscrutabili fini. Proprio per l'amarezza determinata da tale tradimento

...si vede come alcune streghe, dopo la confessione dei crimini, si procurino la morte da sé strozzandosi o impiccandosi; questa è certamente opera del nemico affinché non ottengano il perdono di Dio...

Per scoprire la reale identità dell'imputato esiste un metodo quasi infallibile: la strega sotto protezione diabolica non può piangere, "lacrimas emittere non potest". Il giudice deve quindi riuscire ad indurre il pianto, sollievo dei penitenti ed indizio sicuro della fuga e della sconfitta del diavolo.
 

Lo sguardo

Lo sguardo delle streghe è capace di numerose magie, compresa quella di intenerire l'animo del giudice; molte colpevoli riuscirono con tale mezzo ad ottenere la libertà,

...chi sa tutto questo per averne fatta l'esperienza, dà una testimonianza vera...

Gli inquisitori debbono perciò cautelarsi, è necessario che la presunta strega, nuda e possibilmente depilata in ogni parte del corpo, sia condotta di spalle all'interrogatorio, in modo da non riuscire a vedere chi la interroga. Tutto ciò potrebbe essere sufficiente per tenere in soggezione qualunque imputato, ma Kramer e Sprenger non si fermano certo qui.

Strega al rogo

La Strega al rogo, incisione del XVI secolo.

Importanti teologi, quali Duns Scoto, ed autorevoli giuristi, tra i quali Enrico Bartolomei da Susa detto Ostiense, avevano sentenziato come fosse lecito e meritorio combattere le stregonerie mediante opere superstiziose e vane, come fosse cioè opportuno combattere le magie con altre magie.

Secondo il precetto dell'Esodo non si debbono tenere in vita gli stregoni; gli inquisitori che combattono una cosi dura battaglia non debbono essere frenati nella loro meritoria missione. Il rito dell'interrogatorio deve seguire modalità ben definite. In primo luogo le streghe vanno interrogate nei giorni più santi e durante la solennità della messa, in modo che il popolo, ignaro di quanto sta succedendo, sia indotto ad implorare l'aiuto divino.

È consigliabile far cingere intorno al corpo della strega un foglietto dove sono state scritte le sette parole che Cristo pronunciò in crocee far legare intorno al collo un sacchetto. contenente sale ed altre cose benedette. Il sale migliore è quello esorcizzato nella domenica delle Palme, le erbe benedette sono più efficaci se avvolte assieme a cera altrettanto benedetta. Gli inquisitori sanno come questi accorgimenti, o magie per altri punti di vista, siano efficaci nel combattere la stregoneria, soprattutto conoscono i poteri miracolosi delle reliquie dei santi, di certo utilissime anche in questo tipo di processo. Non bisogna poi lesinare l'acqua santa, utile nelle aspersioni preliminari ed unica bevanda consentita all'imputato prima dell'interrogatorio, secondo la quantità stabilita dal prudente apprezzamento del giudice.
 

Le torture e gli inganni

Insieme a questi riti o successivamente ad essi possono iniziare le torture propriamente dette. In un ordinamento giuridico nel quale la confessione sia considerata prova necessaria e sufficiente per la condanna capitale, la liceità dei mezzi che possono indurla diviene un elemento fondamentale. poiché nel diritto romano, nonché nelle prime disposizioni della Chiesa, si sosteneva l'invalidità delle confessioni estorte mediante tortura, al principio del XIII secolo fu elaborato un ingegnoso sistema per aggirare le ovvie intenzioni normative. Secondo questa formula, attribuita da alcuni a Federico II e da altri ad Alfonso "il Saggio", re di Aragona, l'accusato veniva torturato fino a che non avesse confessato. Per essere legalmente efficace tale confessione doveva essere confermata, più o meno spontaneamente, dopo almeno un giorno dalla cessazione dei tormenti. Lontano dalla camera di tortura l'imputato doveva confessare liberamente i propri orrendi crimini. La regola descritta è formalmente rispettata anche dal Malleus Maleficarum: per la legittimità di una sentenza di condanna è necessaria la confessione apparentemente spontanea da parte dell'imputato. Per raggiungere tale risultato nessun dettaglio deve essere tralasciato; mentre si allestiscono gli strumenti di tortura il giudice deve esortare l'imputato a confessare, poiché la sola vista degli attrezzi, come nel Galileo di Bertold Brecht, può essere efficace deterrente. Se poi l'imputato, con animo ostinato, non volesse collaborare, il giudice

...dia mandato ai collaboratori di legarlo alla corda o ad altri tormenti; essi obbediscano subito, non lieti ma, per così dire, turbati. Poi di nuovo sia sciolto su richiesta di alcuni, tratto da parte e nuovamente esortato...

I tormenti debbono seguire un preciso crescendo, in principio i tormenti debbono essere lievi

...per esempio senza spargimento di sangue, pur sapendo che questi interrogatori sono fallaci e spesso, come si è accennato, inefficaci...

La quantità e la qualità delle torture sono lasciate alla discrezionalità del giudice, alcuni imputati hanno in se una tale durezza d'animo che, per quanto torturati, non si ottiene da loro la verità; altri sono, per cosi dire, recidivi, già sottoposti ad interrogatori altre volte, hanno membra che si piegano subito alle varie trazioni senza causare troppe sofferenze. Non esiste una regola generale, l'esperienza degli inquisitori vale più delle regole scritte, in ogni caso, qualora si sia ottenuta una qualche confessione e questa sia stata rinnegata, i tormenti possono ricominciare con identiche modalità. Opera di natura eminentemente pratica, il Malleus Maleficarum consentiva, oltre alla tortura, altri mezzi di coartazione, certo discutibili da un punto di vista giuridico, ma senza dubbio efficaci e funzionali. poiché il giudice costituiva l'ultimo baluardo della civiltà cristiana contro l'eresia delle streghe, necessariamente dovevano essergli attribuiti poteri eccezionali. L'inquisitore diviene, di fatto, legibus solutus, può legittimamente venir meno alla deontologia professionale promettendo all'imputato la libertà in cambio della confessione senza poi mantenere. In generale costui non potrebbe garantire l'impunità al reo confesso, perché proprio la confessione è presupposto necessario per ogni sentenza di condanna capitale. Anche questo divieto poteva però essere aggirato; alcuni giuristi teorizzavano in proposito che la promessa doveva essere mantenuta solo per un certo tempo, per bruciare poi la strega, mentre altri risolvevano la questione in maniera più elegante: il giudice poteva sicuramente promettere salva la vita, facendosi poi sostituire da un altro giudice al momento di emettere la sentenza. Per quanto tali argomentazioni appaiono ipocrite, esse furono ritenute valide per lungo tempo. Quasi un secolo dopo la pubblicazione del Malleus Maleficarum un raffinato teorico del diritto come Jean Bodin le ripresentò pressoché inalterate nel suo trattato De la Demonomanie des sorciers. Gli autori del Malleus Maleficarum non sono abituati alle sottili distinzioni giuridiche, qualora insorgano dei problemi di coscienza la soluzione è delegata ai singoli inquisitori

...poiché in queste cose insegnano di più ai giudici l'esperienza e l'uso e la varietà dei casi che non l'arte e la dottrina di qualcuno, la cosa è lasciata a loro....

La tortura dell'acqua.
 

Le spie

Non è neppure necessario che la confessione avvenga davanti al giudice; può essere che persone degne di fede riescano ad ottenere fingendo amicizia ciò che l'inquisitore non è riuscito a realizzare con spargimento di sangue. Parificate di fatto alla confessione sono perciò da considerarsi, ad esempio, le ammissioni fatte ad una persona fidata che, per zelo di fede, si sia fatta rinchiudere con la strega fingendosi complice. Bisogna comunque essere, prudenti: è necessario che vi sia qualcuno che, in congruo luogo, spii queste confessioni. Così come è opportuno che uno scrivano trascriva ogni singola affermazione. Altre volte la vicenda assume effetti a dir poco strabilianti; così come era avvenuto

...nella diocesi di Strasburgo vicino alla città di Selestat, proprio nel castello di Konigsheim. Una strega incarcerata era stata indotta senza tormenti ed interrogatori a confessare i suoi crimini: quando era ormai da tempo sotto la sorveglianza del castellano (benché fosse presente al castello, tuttavia la strega pensava che fosse lontano ), tre servi entrarono e le promisero di lasciarla libera purché li informasse riguardo a certi esperimenti. Benché a prima vista rifiutasse supponendo che agissero verso di lei con inganno, tuttavia alla fine chiese su cosa volessero essere informati. Uno disse: - su come suscitare la grandine - un altro - sui fatti carnali - e così lei decise di informare colui che chiedeva della grandine. Preparata una scodella piena d'acqua, la strega ingiunse loro di agitare l'acqua con un dito e dal canto suo pronunciò certe parole: improvvisamente il luogo che durante l'esperimento era stato nominato, e cioè la selva adiacente al castello, fu coperto da una tempesta fortissima e da grandine - come da molti anni non si era visto.

La strega al rogo, incisione del XIX secolo.
 

La congiura diabolica

Non sempre tuttavia si potevano ricercare prove così esaurienti; la confessione doveva quindi essere valutata in base all'utilità delle rivelazioni fornite. Nel sistema giuridico fornito dal Malleus Maleficarum la stregoneria veniva descritta non come comportamento eversivo del singolo, ma come fenomeno di associazione sovversiva. Per questo il compito dell'inquisitore era così difficile, lui, da solo, doveva combattere avversari capaci di ogni malefatta, ivi compresa quella di negare l'esistenza di una congiura.

L'esperienza secolare della lotta agli eretici aveva fornito utili indicazioni in merito all'importanza del pentimento.

Per ottenere clemenza chi aveva confessato doveva collaborare col giudice, fornendo utili particolari quali

...i danni arrecati agli uomini ed al bestiame (...) per quanti anni (la strega) abbia avuto un diavolo incubo (...) da quanto tempo abbia rinnegato la fede....

Oltre a questo, proprio perché la stregoneria altro non era che un'immensa congiura diabolica, diventava inevitabile sapere chi fossero gli adepti ed ogni possibilità di successo derivava dalle confessioni dei colpevoli. L'importanza del ruolo da essi ricoperto garantiva una qualche forma di impunità, dal momento che

...le streghe famose e quelle che si affidano ai medicamenti per le loro stregonerie e curano gli stregati con atti superstiziosi si debbono senz'altro salvare in modo che o soccorrano gli stregati o rivelino le streghe....

Tutto questo riesce in qualche modo a spiegare la progressione geometrica del numero di imputati nei processi di stregoneria che seguirono la pubblicazione del Malleus Maleficarum. Le torture del corpo e della mente, l'impiego spregiudicato di persone che, con linguaggio moderno, si sarebbero definite infiltrati e pentiti, miravano all'unico scopo di ottenere una confessione che fosse esemplare e costruttiva. Chi aveva confessato doveva dar prova del suo sincero pentimento: i crimini commessi venivano resi noti a tutti durante il rito della pubblica abiura da parte del reo, i nomi dei complici erano conosciuti soltanto dal giudice che, in tal modo, poteva continuare la sua impari guerra contro il Maligno.